Utility
Ti trovi qui: :   Home  /  Presentazione

Presentazione

La prima formazione dello scultore avvenne a contatto col padre Angelo, conoscitore del marmo e della pietra camuna, ma il vero iter che ne costituì la personalità artistica non si può che ricondurre all’esperienza milanese a fianco di Wildt, Marussig e Funi.

Aperto il suo studio in via Vivaio accanto a quello di questi suoi più celebri e colleghi, Bortolotti intraprese, dopo gli anni nella nativa Darfo ed alla scuola Moretto di Brescia, dopo la guerra e l’esperienza traumatica del ferimento, la sua carriera di scultore partecipando a moltissime esposizioni e concorsi. E’ dal 1926 che si trova presente alle esposizioni Sindacali ed Internazionali di Milano, Firenze e Napoli; a premi Internazionali d’Arte Sacra di Padova (dove vince il primo premio nel 1930), alle Biennali veneziane, alle Quadriennali romane. Tappe fondamentali della sua vita sono soprattutto i consenso che ottenne nel 1935 quando gli fu conferito il Premio Savoia-Brabante e, soprattutto nel 1937 quando ottenne il Gran Prix all’Expo di Parigi insieme ad Arturo Martini ed a Marino Marini. Questi premi giungevano a conferma dell’apprezzamento di cui l’artista già godeva e che gli aveva fruttato diverse commissioni private e pubbliche.

Tra le committenze pubbliche ricordiamo il Monumento – Sacrario del Tonale (1933) per il quale plasmò una copia della Vittoria alata conservata presso il Museo Patrio ( e in seguito tutti gli arredi per la cappella interna ), e di committenza ecclesiastica, come il Monumento al Redentore a Bienno (1929), una colossale statua di nove metri di altezza in rame sbalzato e dorato con la testa e le mani fuse in bronzo.

Fino dagli inizi degli anni Quaranta l’attività di Bortolotti è intensa, specialmente per la sua presenza a prestigiose rassegne espositive, ma anche per i molti lavori richiestigli in un clima di celebrazione monumentale della recente storia d’Italia: il busto di Fabio Filzi per il Castello del Buon Consiglio di Trento, il Cesare Battisti di Milano, il Paolo Ferrario per Vanzago, fino al San Giovanni Bosco per il Duomo di Milano (1936). Contemporaneamente si vanno moltiplicando i giudizi critici sulla sua opera: escono a firma di Carlo Carrà, Aldo Carpi, Antonio Baldini, Michele Biancale, Franco Ciliberti, Enrico Somarè interventi critici atti a sottolineare la sua predilezione per la scultura piena, ricca di riferimenti al reale nella sua declinazione tutta novecentista, cioè consapevolmente inquadrata in una comprensione del reale in chiave solenne, celebrativa e neoclassica.

L’attività dell’artista non trova riposo nemmeno negli anni successivi: sempre importanti sono gli appuntamenti alla XLV Mostra della Galleria di Roma dove è presente con trentaquattro sculture, alle Biennali di Venezia del 1942, alle Olimpiadi di Londra del 1948 dove è invitato a presentare un’opera che rappresenti ‘Italia.

L’ultima commissione pubblica, nel 1952, lo vede tornare al Monumento-Sacrario del Tonale per il quale esegue il gruppo bronzeo dei quattro Fratelli Calvi.
C.G.F.